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Le milizie dell’Esercito nazionale siriano, alleate della Turchia, hanno schierato circa 5 mila uomini al confine con la Siria in seguito all’annuncio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di una imminente operazione militare per colpire i curdi dello Ypg.

“Combattendo al fianco dell’esercito turco possiamo prendere Tal Rifat in 24 ore” –  ha dichiarato un comandante ENS, che hanno cambiato nome a fine 2017 dopo essere state per anni denominate ‘Esercito Libero Siriano’. Proprio Tal Rifat, insieme a Manbij, costituisce l’obiettivo dichiarato di Erdogan, che con la imminente operazione mira a costituire un’area di sicurezza profonda 30 km lungo tutto il confine turco siriano, un territorio da cui il presidente turco vuole eliminare le milizie curde Ypg.

In base a quanto riportano i media turchi a Ens è toccato il compito di individuare alcune delle postazioni curde oltre confine e fornire le coordinate all’esercito turco, nella prossima operazione entreranno in gioco nell’area della diga di Tishrin e della base militare di Menagh.

L’Esercito nazionale siriano era ufficialmente nato nel 2017 grazie proprio ad Erdogan, che aveva fornito a una coalizione di oppositori al regime di Damasco di diversa provenienza, disertori dell’esercito e ribelli islamisti, addestramento, equipaggiamento e sostegno economico. Il 30 dicembre 2017 infatti ben 30 gruppi ribelli furono riuniti all’Esercito libero siriano e con la benedizione di Ankara diedero vita all’Esercito nazionale siriano attivo oggi al fianco dell’esercito turco.

Per cercare di fare chiarezza su questo gruppo è necessario tornare alle proteste del marzo 2011 da cui in seguito scaturì la guerra civile in Siria. La violenta repressione posta in essere dall’esercito del presidente siriano Bashar el Assad spaccò infatti le forze armate siriane dall’interno.

Le numerose diserzioni portarono alla formazione di un gruppo paramilitare che, con il nome di Forze di Difesa locali prima ed Esercito Libero Siriano (ELS) in seguito, nasceva con l’intento di difendere i gruppi di opposizione al regime di Damasco. ELS crebbe di importanza fino a rivestire il ruolo di esercito ufficiale del governo provvisorio siriano, nato nel 2013.

Nei due anni successivi Els ha combattuto attivamente contro Assad sul fronte di Idlib a nord ovest, Aleppo, Raqqa-Deyr e zor-Hasakah nel centro nord, Hama-Latakia nel nord ovest e ha conteso ai lealisti il controllo di importanti centri come Homs, Deraa, ma anche di diverse aree della capitale Damasco. Tuttavia quando sembrava che la lotta per il potere in Siria fosse una partita tra Els e l’esercito di Damasco l’entrata in scena della Russia e dell’Iran al fianco di Assad nel 2016 fa saltare tutti gli equilibri tra le forze in campo e moltissimi miliziani fuggono in Turchia.

Ankara aveva sin dal 2011 condannato l’operato di Assad senza mezzi termini, sostenuto l’opposizione al regime di Damasco e costituito un rifugio sicuro non solo per i civili in fuga, ma anche per rappresentanti dell’opposizione e per i miliziani Els. L’allora ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, era convinto che la caduta di Assad fosse imminente e convinse Erdogan a puntare tutto sul sostegno all’opposizione siriana in modo da garantire alla Turchia un ruolo di primo piano in un post Assad che però non sarebbe mai arrivato.

Tuttavia è proprio la Turchia di Erdogan a offrire una seconda possibilità a Ens. A partire da agosto 2016 i miliziani ha preso parte a tutte le operazioni militari turche in Siria: ad agosto 2016 nella veste di Els hanno combattuto con i militari di Ankara contro l’Isis nell’operazione ‘Scudo dell’Eufrate’, poi con la nuova denominazione Ens nel 2018 sono scesi in campo nella provincia di Afrin contro le milizie curde Ypg per poi ripetersi nel 2019 nel centro nord della Siria, sempre contro Ypg. Ai miliziani Ens è ora demandato il controllo, la sicurezza e compiti di polizia nelle aree del nord della Siria che la Turchia ha sottratto a Ypg nelle precedenti operazioni oltreconfine.

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